Altroconsumo contro Wolkswagen in merito ai consumi della Golf dichiarati dalla Società automobilistica.

N. 1497/2015 R. G. A.

Tribunale Ordinario di Venezia

III Sezione Civile
Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati
dott. Roberto Simone Presidente rel.
dott. Enrico Schiavon Giudice
dott.ssa Innocenza Vono Giudice
nella causa civile promossa
da


ALTROCONSUMO in qualità di rappresentante processuale di Paolo Vighenzi, in persona del legale rappresentante p.t. Luisa Crisigiovanni, rappresentato e difeso dall’avv. Guido Scorza e dall’avv. Dario Reccia, dall’avv. Maria Luisa Salvati e dall’avv. Paolo Martinello, elettivamente domiciliato presso l’avv. Giorgio Battaglini, per mandato in calce all’atto di citazione,
- attrice -
contro
VOLKSWAGEN AG, in persona dei legali rappresentanti p.t. Jesko Rosenmuller e Alfred Strohlein, rappresentata e difesa dall’avv. Fulvio Pastore Alinante e dall’avv. Luigi Zumbo, elettivamente domiciliata presso l’avv. Barbara Bottecchia giusta procura speciale per atto del notaio Dr. Hans-Joachim Bunk del 21.5.2015,
- convenuta –
contro
VOLKSWAGEN GROUP ITALIA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t. Massimo Nordio, rappresentata e difesa dall’avv. Fulvio Pastore Alinante e dall’avv. Luigi Zumbo, elettivamente domiciliata presso l’avv. Barbara Bottecchia, giusta procura speciale in calce alla comparsa di costituzione,
- convenuta –

ha pronunziato la seguente

ORDINANZA


Ex art. 140 bis D.Lgs. 206/2005
sulle seguenti conclusioni delle parti costituite


Per l’attrice:
“preliminarmente, emettere ordinanza di ammissibilità della presente domanda ai sensi dell’art. 140 bis, comma 6, D.Lgs. 206/2005, fissando i termini e le modalità della più opportuna pubblicità ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe; definendo, ai sensi dell’art. 140 bis, comma 9, lettera a), che i diritti individuali oggetto del presente giudizio sono quelli appartenenti ai consumatori che abbiano acquistato in Italia un’autovettura Volkswagen, modello Golf 1.6 TDI Blue Motion 77 Kw a far data dalla sua immissione in commercio nel nostro Paese.
nel merito, accertare e dichiarare la pratica commerciale ingannevole e comunque scorretta tenuta dalle società convenute consistente nell'omologazione e successiva divulgazione presso il pubblico dei consumatori di dati errati e scorretti sui consumi di carburante e le emissioni di CO2 dell'autovettura per cui è causa, e per l'effetto, condannare tali società, in solido tra loro, al risarcimento in favore del Sig. Vighenzi e degli altri consumatori che aderiranno all'azione, dei danni subiti a causa della suddetta pratica, da quantificarsi nella misura risultante dall'applicazione del criterio equitativo omogeneo individuato in narrativa ovvero nella maggiore o minore misura che sarà ritenuta di giustizia, in ogni caso maggiorata di interessi legali dal giorno del dovuto al saldo;
sempre con vittoria di spese, competenze ed onorari (oltre IVA, CPA e rimborsi forfetari)”
Per la convenuta Volkswagen AG:
“1) In via pregiudiziale, dichiarare inammissibile l’azione proposta da Altroconsumo per i motivi di cui in narrativa e, ordinare, a spese e cura di Altroconsumo, idonea pubblicità della declaratoria di inammissibilità della domanda ex art. 140 bis, comma 8, Codice del Consumo;
2) nel merito, accertate e dichiarare l’inesistenza di pratiche commerciali ingannevoli o scorrette riconducibili a Volkswagen AG e, per l’effetto, rigettare tutte le domande formulate da Altroconsumo nei confronti della predetta Volkswagen.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Per la convenuta Volkswagen Group Italia s.p.a.:
“1) In via pregiudiziale, dichiarare inammissibile l’azione proposta da Altroconsumo per i motivi di cui in narrativa e, ordinare, a spese e cura di Altroconsumo, idonea pubblicità della declaratoria di inammissibilità della domanda ex art. 140 bis, comma 8, Codice del Consumo;
2) nel merito, accertate e dichiarare l’inesistenza di pratiche commerciali ingannevoli o scorrette riconducibili a Volkswagen Group Italia s.p.a. e, per l’effetto, rigettare tutte le domande formulate da Altroconsumo nei confronti della predetta Volkswagen.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c.”


MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE


1) Altroconsumo – Associazione Indipendente di Consumatori (d’ora in avanti indicata come Altroconsumo), quale rappresentante processuale del sig. Paolo Vighenzi, acquirente di un’autovettura di marca Volkswagen, modello Golf 1.6 TDI Blue Motion 77 Kw, ha promosso l’azione ai sensi dell’art. 140 bis D.lgs. 206/2005 per l’accertamento della pratica commerciale scorretta posta in essere da Volkswagen AG e Volkswagen Group Italia s.p.a. (d’ora in avanti indicata come Volkswagen Italia) attraverso l’omologazione e la diffusione di dati errati e scorretti su emissioni e consumi di carburante dell’autoveicolo indicato, nonché per il risarcimento dei patiti dal Vighenzi, come di qualsiasi altro consumatore che abbia acquistato in Italia detto modello di veicolo a far data dalla sua immissione in commercio dall’ottobre 2012.

Altroconsumo ha riferito di essere iscritta nell’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale istituito dall’art. 137 D.Lgs. 205/2005 e di essere membro del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti presso il Ministero dello Sviluppo Economico istituito ai sensi dell’art. 136 D.Lgs. 205/2005. Nella ridetta qualità Altroconsumo ha ricevuto procura speciale ex art. 140 bis, comma 1, D.Lgs. 205/2005 dal sig. Paolo Vighenzi, acquirente di un’autovettura di marca Volkswagen, modello Golf 1.6 TDI Blue Motion 77 Kw, prodotta da Volkswagen AG e distribuita in Italia da Volkswagen Italia dall’ottobre del 2012.
Secondo l’attrice entrambe le convenute promuovono la commercializzazione dell’autoveicolo indicato mediante campagne pubblicitarie, operazioni di marketing e materiale informativo, nelle quali in relazione al livello di emissioni e consumi sono indicati, rispettivamente, i valori di 99g di CO2 per chilometro e di 3,8 litri di carburante ogni 100 chilometri percorsi in ciclo combinato.
Poiché il consumo di carburante rappresenta la voce più rilevante del c.d. total cost of ownership di un’autovettura, tutte le case costruttrici nelle loro campagne pubblicitarie danno grande risalto a tali dati, al fine di attrarre l’attenzione dei potenziali acquirenti. Infatti, nella fascia delle berline di tipo familiare, a cui appartiene la Volkswagen, modello Golf 1.6 TDI Blue Motion 77 Kw, i costi di gestione, oltre che quello di acquisto, hanno un peso ben maggiore rispetto al design, alle rifiniture ed agli optionals. In altri termini, un consumatore mediamente avveduto difficilmente acquisterebbe una berlina familiare dando priorità al disegno ed alle rifiniture a fronte di un prezzo elevato o di elevati consumi.
Il legislatore europeo sin dagli anni ’80 del secolo scorso, a fronte della rilevanza dei dati in questione anche per il loro impatto sull’ambiente, dell’estrema eterogeneità dei metodi di calcolo e dei risultati comunicati al mercato, ha varato una normativa al fine di uniformare in sede di omologazione di un’autovettura la metodologia di rilevazione dei livelli di consumo e di emissioni, imponendo ai distributori di avvalersi di tali dati in sede promozionale e di vendita. L’omogeneità dei criteri di misurazione dei dati e l’obbligo di diffusione da parte dei distributori tende a:
- accrescere il livello di consapevolezza nei consumatori che, acquistando una autovettura con un elevato livello di efficienza, si ha un risparmio di spesa e si determina un minore impatto per l’ambiente;
- incentivare i produttori a realizzare modelli di autovetture più efficienti con beneficio per gli acquirenti e per l’ambiente.
In base alla normativa europea, fra cui il più recente Regolamento 692/2008, il consumo di carburante deve essere misurato in sede di omologazione a cura e sotto la responsabilità della casa costruttrice mediante il ricorso ad una procedura uniforme, volta alla determinazione dei livelli di consumo e di emissioni.
In base a tale normativa l’adozione di un criterio uniforme di misurazione si combina con un margine di tolleranza nella fissazione di alcuni parametri variabili, al fine di ricreare in laboratorio quei fattori che nella realtà ne influenzano i consumi. Sennonché, a dire dell’attrice, è diffusa la pratica delle case costruttrici di sfruttare detti margini di tolleranza per conseguire misurazioni più attraenti rispetto a quelle effettive ed effettivamente registrabili in sede di utilizzo normale dell’autovettura.
1a) A seguito di numerose segnalazioni da parte di consumatori in merito a livelli di consumo superiori a quelli comunicati in sede di acquisto e pubblicizzati, l’attrice ha riferito di essersi rivolta tra marzo e luglio 2014 al Laboratorio Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria di San Donato Milanese per far effettuare una serie di test a campione e poi compararli con quelli comunicati ai consumatori.
Da tale verifica di laboratorio è emerso che per l’autovettura Volkswagen, modello Golf 1.6 TDI Blue Motion 77 Kw, mentre il dato comunicato era di 3,8 litri per ogni 100 chilometri per il ciclo combinato, i consumi più bassi, o meglio quelli rilevati nelle condizioni di consumo più basso, erano invece di 5,3 litri ogni 100 chilometri, superiore di circa il 50% rispetto al dichiarato e, comunque, ben oltre il margine di tolleranza del 3,7%.
Paolo Vighenzi, acquirente in data 27.2.2013 di un’autovettura Volkswagen, modello Golf 1.6 TDI Blue Motion 77 Kw, avendo riscontrato un consumo effettivo diverso da quello dichiarato dal produttore si è rivolto all'associazione ed ha chiesto di promuovere un’azione di classe a tutela delle proprie ragioni e di quelli degli altri consumatori.
L’attrice agisce quest’oggi ai sensi dell’art. 140 bis, comma II, lett. c), D.Lgs. 205/2005, ossia a tutela dei “… diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali”.
Segnatamente, secondo l’attrice, la condotta delle convenute inquadra gli estremi della pratica commerciale scorretta, posto che la misurazione dei consumi si basa su un utilizzo scorretto dei criteri e dei parametri di prova previsti dal metodo normalizzato in violazione della vigente disciplina o almeno tradendo ratio e finalità. Tali dati, inoltre, sono comunicati ai consumatori in modo da influenzare illegittimamente le scelte di consumo anche facendo apparire come ufficiali ed attendibili dati che tali non sono.
In estrema sintesi, la condotta ascritta alle convenute, a cui si deve aggiungere l’aggravante della presentazione dei dati sui livelli di consumo ed emissioni come rilevati a norma di legge, sì da ingenerare l’affidamento dei consumatori sulla loro attendibilità, può essere considerata alla stregua di una pratica commerciale scorretta ai sensi dell’art. 20 D.Lgs. 206/2005, perché contraria alla diligenza professionale ed è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge, dovendo considerarsi difforme dal canone della diligenza professionale l’inattendibilità dei dati divulgati.
Di tale inattendibilità, indipendentemente dalla riferibilità al mancato rispetto della normativa comunitaria in sede di omologazione o dall’utilizzo di espedienti tali da falsare l’esito della misurazione, le convenute sono chiamate a rispondere, perché in contrasto con l’interesse dei consumatori a disporre di dati attendibili, precisi e corretti, sì da non falsare la scelta in sede di decisione di acquisto. In altri e diversi termini, alla base di ogni processo decisionale si colloca una corretta e trasparente attività informativa.
Nel genus della pratica commerciale scorretta, inoltre, si può configurare una pratica commerciale ingannevole ai sensi dell’art. 21 D.Lgs. 206/2005, tale essendo quella che contiene informazioni non rispondenti al vero o che, seppure in fatto corrette, in qualsiasi modo, anche nella loro presentazione complessiva, inducono o sono idonee ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad una serie di elementi, tra cui le caratteristiche principali del prodotto quali i risultati ottenuti dal suo uso, i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul medesimo.
In breve, “le società convenute, attraverso l'omologazione e la successiva divulgazione di dati errati e scorretti sulle emissioni e sul consumo di carburante del veicolo per cui è causa, hanno posto in essere tanto una pratica commerciale ingannevole, quanto, più in generale, una pratica commerciale scorretta ai sensi dell’art. 20 del codice del consumo”.
La presente azione è svolta nei confronti di:
- Volkswagen AG quale produttore del modello di autoveicolo e, quindi, soggetto responsabile del procedimento di omologazione dei dati relativi alle emissioni ed ai consumi dello stesso ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. f), d.p.r. 84/2003;
- Volkswagen Group Italia s.p.a. incaricata della distribuzione in Italia delle autovetture a marchio VW nonché responsabile delle relative campagne marketing e della divulgazione presso il pubblico dei consumatori del materiale promozionale contenente dati sui consumi e sulle emissioni di CO2.
1b) La pratica commerciale in contestazione ha determinato in capo al rappresentato, e così pure nei confronti degli altri appartenenti alla medesima classe, un danno patrimoniale consistente nel maggior costo di gestione sostenuto rispetto a quello previsto e prevedibile sulla base di dati omologati e comunicati dalle società convenute. Si tratta di un danno patrimoniale conseguenza diretta e immediata della pratica in questione, perché tale da falsare (la pratica contestata) in modo rilevante il comportamento economico del consumatore indotto all'acquisto sull'erroneo presupposto di essere al cospetto di un autoveicolo dotato di determinate caratteristiche di funzionamento.
L’attrice, nell’ambito di una valutazione equitativa del danno, ha proposto un criterio omogeneo di liquidazione sulla base del costo medio dei carburanti nel periodo rilevante e del chilometraggio percorso secondo la formula seguente: (Consumo misurato – consumo dichiarato) X costo carburante X (KM percorsi ÷ 100). Nel proposto criterio il costo del carburante è dato dal prezzo medio del carburante al momento dell’acquisto del veicolo sino al momento dell’accordo ex art. 140 bis, comma 12, D.Lgs. 206/2005 ovvero sino alla successiva liquidazione da parte del giudice nella fase conseguente al mancato accordo.
Tanto premesso, l’attrice ha chiesto l’emissione dell’ordinanza di ammissibilità ai sensi dell’art. 140 bis, comma 6, D.Lgs. 206/2005, posto che la domanda svolta tutela i diritti omogenei di una pluralità di consumatori che versano in una situazione analoga nei confronti dei medesimi professionisti. Di conseguenza la condotta posta in essere dalle convenute ha carattere plurioffensivo, poiché lede i diritti di una pluralità di consumatori che si trovano in una situazione omogenea.
Quanto ai mezzi di pubblicità da adottare, al fine di assicurare l’efficacia ed al contempo evitare il ricorso a forme di divulgazione di carattere generale, l’attrice ha chiesto l’autorizzazione ad acquisire presso l’ACI, responsabile della tenuta del PRA, i dati relativi ai proprietari dello stesso modello di autovettura oggetto di causa.
In via istruttoria, l’attrice ha chiesto l’esibizione della documentazione integrale relativa alle prove NECD effettuate in sede di omologazione al fine di determinare il consumo di carburante e le emissioni, nonché l’ammissione di una C.T.U. volta ad accertare:
a) il metodo applicato dalle convenute ed i relativi criteri di effettuazione della prova, nonché i relativi accorgimenti utilizzati in tale sede, al fine di accertare se essi siano o meno corretti e ammissibili in base alle disposizioni ed alle finalità della normativa applicabile;
b) all'esito e ove occorra, le emissioni di CO2 e il consumo di carburante del veicolo per cui è causa nel rispetto del NECD così come disciplinato dalla normativa applicabile.
2) Entrambe le società convenute si sono costituite ed hanno concluso: - in via pregiudiziale per la dichiarazione di inammissibilità dell’azione proposta con ordine di idonea pubblicità a spese e cura dell’attrice dell’emanando provvedimento;
- nel merito per il rigetto della domanda proposta per l’inesistenza di una pratica commerciale scorretta/ingannevole.
2a) Le convenute, premesso che in alcun modo era riferibile a Volkswagen Italia la partecipazione alla misurazione dei consumi degli autoveicoli prodotti da Volkswagen AG, hanno precisato che non sussiste affatto alcuna libertà nella procedura di rilevazione dei consumi e delle emissioni in sede di omologazione, in quanto il procedimento è soggetto al controllo delle Autorità di omologazione identificate da ogni Stato membro dell’Unione europea uniche autorizzate normativamente a certificare i dati espressi nel certificato europeo di immatricolazione.
Nello specifico, per i prodotti Volkswagen la procedura di omologazione è gestita dalla società di servizio tecnico tedesca “TÜV Nord” a tal fine incaricata dal Kraftfahrt-Bundesamt, che è l’Autorità di omologazione per la Repubblica Federale di Germania. A tal fine i tecnici di “TÜV Nord” controllano che i test di omologazione siano effettuati secondo i protocolli delle regole comunitarie tedesche, rilevando con appositi resoconti i risultati ottenuti dai singoli autoveicoli. Tali resoconti sono poi inviati all'autorità di omologazione che, solo in caso di verifica positiva, procede all'emissione del certificato europeo di omologazione dell’autovettura come in fatto accaduto anche per il modello oggetto di causa.
Una volta emesso il certificato di omologazione Volkswagen Italia tramite il proprio Ufficio Omologazioni lo deposita presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano, al fine di consentire l’immatricolazione sul territorio nazionale degli autoveicoli importati.
I dati di emissione e consumo comunicati da Volkswagen sono esclusivamente quelli certificati dall’Autorità di omologazione e la loro presentazione è integrata da un'apposita informativa riguardante: a) la fonte normativa delle prove; b) il valore non assoluto dei relativi risultati; c) l'effetto sui consumi quotidiani di elementi non tecnici, quali lo stile di guida, le condizioni stradali, lo stato del veicolo, l'eventuale uso di equipaggiamenti accessori e così via.
2b) Tanto premesso, le convenute hanno eccepito l’inammissibilità dell’azione proposta per la mancanza di diritti omogenei. Infatti, perché l’azione di classe possa essere promossa occorre che i diritti a tutela dei quali si agisce presentino un carattere di base comune, mancando il quale viene meno la ragione alla base della trattazione congiunta. Al fine del giudizio di omogeneità occorre valutare la standardizzazione del danno lamentato dai membri della classe, dovendosi escludere l’ammissibilità di azioni che impongano l’esame di situazioni peculiari e specifiche di ciascun aderente.
Altroconsumo ha individuato la classe sulla base della comune causa petendi (l’acquisto dell’autoveicolo), trascurando di considerare che l’eventuale maggior consumo potrebbe essere imputato a Volkswagen solo se dimostrato il mancato verificarsi (o l’irrilevanza) nell’uso quotidiano di altri fattori che influenzano il consumo quali lo stile di guida, le condizioni del veicolo, il manto stradale, l’uso degli equipaggiamenti, non senza considerare le diverse aree geografiche nelle quali i veicoli sono impiegati. Diversamente opinando si chiederebbe al tribunale di valutare situazioni peculiari e specifiche di ciascun aderente.
2c) Secondo le convenute l’azione proposta è manifestamente infondata per essere erronee le premesse su cui si fonda: a) la dolosa alterazione dei dati dei test di omologazione; b) la comunicazione ai consumatori di dati alterati al fine di ingannarli o di indurli in errore circa le effettive caratteristiche del prodotto.
Il procedimento di omologazione non avviene nella sfera di controllo del produttore, ma si svolge nell’ambito di un procedimento affidato all’Autorità nazionale preposta all’omologazione e sotto il controllo della società di servizio tecnico “TÜV Nord” a tanto incaricata dalla prima.
I dati divulgati corrispondono esattamente a quanto rilevato in sede di omologazione ed in alcun modo possono essere inficiati dalla rilevazione fatta effettuare in via stragiudiziale dall’attrice senza il rispetto del contraddittorio e senza la supervisione di pubblici funzionari, tanto più che il veicolo fatto testare parrebbe essere stato utilizzato per lo svolgimento di un’attività commerciale di noleggio con conseguente sottoposizione a stili di guida differenti.
Le convenute hanno altresì contestato la pretesa ingannevolezza del messaggio pubblicitario posto che:
i) la comunicazione effettuata indica la fonte normativa comunitaria dei dati di emissione e consumi, la finalità comparativa e l’esistenza di fattori soggettivi in grado di influire sui consumi;
ii) nel sito www.Volkswagen.com sono contenute altre e significative informazioni sui fattori che possono incidere sui consumi effettivi;
iii) la campagna di informazione “Thik Blue” basata sulla tecnologia “BlueMotion” contiene svariate informazioni per poter realizzare una guida più economica;
iv) il consumatore medio basa il processo decisionale non più soltanto sui dati ufficiali forniti dai produttori, ma costruisce la sua scelta su un vasto bagaglio informativo, anche offerto in rete, sì da poter comprendere il carattere solo indicativo dei dati comunicati e delle molteplici variabili che influenzano i risultati sulla strada.
Le convenute, inoltre, hanno contestato il fondamento della pretesa scorrettezza della pratica addebitata. Volkswagen ha comunicato dati rispondenti al vero, ossia quelli accertati dall’Autorità nazionale tedesca, ed ha curato un’ampia divulgazione di informazioni per venire incontro alle esigenze dei consumatori, i quali, come già detto, nello specifico settore sono mediamente più informati, ossia tendono ad acquisire un maggior bagaglio informativo anche attraverso canali indipendenti. In breve, nessun impiego improprio dei parametri di misurazione è addebitale al produttore e, men che meno, al distributore per l’Italia dei veicoli Volkswagen.
Nel concludere per la dichiarazione di inammissibilità dell’azione proposta, le convenute si sono opposte alle istanze istruttorie attoree in quanto denotanti il carattere meramente esplorativo a cominciare dalla chiesta consulenza tecnica d’ufficio, tesa ad illuminare dal punto di vista tecnico dati offerti e provati dalla parte e, come tale, non impiegabile per la ricerca del fatto da provare. In breve, la consulenza tecnica ha natura deducente e non è strumento di ricerca del fatto da provare, sì da supplire all’onere gravante sull’attore.
Da ultimo le convenute hanno contestato il criterio omogeneo di calcolo prospettato dall’attrice. Posto che il consumo di carburante è condizionato da una molteplicità di fattori soggettivi, l’ammontare del presunto danno non potrà corrispondere al generico criterio proposto, perché incapace di cogliere i diversi fattori alla base del divario tra il consumo dichiarato come meramente indicativo e quello che avviene nella concreta dimensione del singolo utilizzatore dell’autoveicolo.
3) Le convenute hanno chiesto la dichiarazione di inammissibilità della presente azione di classe sul rilievo dell’assenza di omogeneità dei diritti dei presunti membri della classe. L’eccezione si fonda sull’art. 140 bis, comma 2, lett. c), D.Lgs. 206/2005 dove, a specificazione della natura condannatoria dell’azione di classe, si precisa che “L'azione tutela: c) i diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali”.
L’eccezione prende le mosse dall’interpretazione emersa a livello giurisprudenziale, ed avallata da una parte della dottrina, secondo cui i diritti a tutela dei quali si agisce devono presentare un carattere di base comune, mancando il quale viene meno la ragione della trattazione congiunta, sì che la class action può essere esperita solo per far valere crediti di natura seriale ed isomorfi. Ancora, nel quadro del giudizio di ammissibilità è stato ritenuto, in linea con la tesi della necessaria predominanza delle questioni comuni su quelle individuali, che ai fini dell’omogeneità occorre valutare la standardizzazione, o no, del danno lamentato, dovendosi escludere l’ammissibilità di azioni di classe implicanti l’esame di situazioni peculiari e specifiche dei singoli aderenti.
Altroconsumo, hanno proseguito le convenute, ha individuato la classe sulla base della comune causa petendi (l’acquisto dell’autoveicolo), trascurando di considerare che l’eventuale maggior consumo potrebbe essere imputato a Volkswagen solo se dimostrato il mancato verificarsi (o l’irrilevanza) nell’uso quotidiano di altri fattori in grado di influenzare il consumo quali lo stile di guida, le condizioni del veicolo, il manto stradale, l’uso degli equipaggiamenti, non senza considerare le diverse aree geografiche nelle quali i veicoli sono impiegati.
Nell’azione di classe, è stato sostenuto, la prevalenza di questioni personali, relative all’accertamento del risarcimento del danno in capo ai potenziali consumatori aderenti, pregiudica l’omogeneità dei diritti individuali e determina l’inammissibilità della domanda (cfr. Trib. Milano 9-12-2013, in Foro it., 2014, I, 590, nella specie, si lamentava il pregiudizio alla salute provocato da un servizio di mensa scolastica nell’ambito del quale il gestore si era impegnato al rispetto delle leggi e regolamenti vigenti, della carta dei servizi e degli allegati al contratto stesso). È stato altresì affermato che “È inammissibile l’azione di classe esercitata per tutelare diritti individuali al risarcimento del danno reputati non omogenei perché le conseguenze dell’inadempimento di una pluralità di contratti di trasporto ferroviario, ferma restando l’identità della causa, sono diverse rispetto a ciascun consumatore”, ma nel contempo è stato rilevato come “gli attori non hanno fornito in giudizio elementi sufficienti per l’identificazione del fatto costitutivo della pretesa azionata, né hanno precisato in che cosa sia consistito il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale subìto. Essi allegano quale illecito imputabile a T. s.r.l. il fatto di avere cambiato il sistema informatico di gestione dei turni del personale, fatto che generava ritardi, linee soppresse e disservizi particolarmente nei giorni dal 9 al 14 dicembre 2012. Essi tuttavia non allegano con riferimento a ciascuno dei promotori dell’azione di classe, gli elementi di fatto idonei a identificare il diritto leso dall’inadempimento di T. ovvero la tratta ferroviaria che hanno percorso, o avrebbero dovuto percorrere, il giorno/i e l’orario in cui hanno preso o avrebbero dovuto prendere il treno, se hanno subìto un ritardo e se sì di quanto tempo, la natura e l’entità dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Tali elementi, di cui non vi è alcuna specificazione nell’atto di citazione, non possono essere neppure desunti dalla mera produzione degli abbonamenti ferroviari” (cfr. Trib. Milano 8.11.2013, in Foro it., 2014, I, 274, poi revocata in sede di reclamo da App. Milano 3.3.2014, ibid., 1619). Osserva il collegio che nel caso di specie non si pone affatto un problema di omessa specificazione dei presupposti costitutivi della domanda, tanto più che gli eventuali vizi dell’atto di citazione sul piano dell’editio actionis sarebbero soggetti alla disciplina prevista dall’art. 164 c.p.c., ivi compresa la possibilità di integrare la domanda, per tacere del potere delle parti di precisare e modificare la domanda formulata nell’atto introduttivo prima della decisione sull’ammissibilità e della facoltà per il tribunale di autorizzare lo scambio di memorie scritte (cfr. Trib. Milano 20.12.2010; 9.12.2013), quanto la pretesa assenza di una situazione di base comune. A parte l’identità della causa petendi costituita dalla circostanza dell’acquisto di uno specifico modello di autovettura prodotta da Volkswagen, il preteso danno patrimoniale sarebbe condizionato da una pluralità di fattori soggettivi ed oggettivi, ma esterni rispetto al mero dato dell’acquisto, tali da rendere necessario l’esame di situazioni eterogenee in contrasto con le ragioni alla base della trattazione congiunta dell’azione secondo il prescelto meccanismo processuale.
Sennonché, l’eccezione di parte convenuta è contrastata da altro orientamento sostenuto dalla giurisprudenza di merito. Infatti, per App. Torino 23 settembre 2011, Foro it., 2011, I, 3422, nell’azione di classe, “l’identità dei diritti individuali del proponente, rispetto a quelli dei potenziali aderenti, deve essere intesa come omogeneità e si riferisce solamente alla natura degli elementi oggettivi di identificazione dell’azione, non potendo la diversa entità del danno eventualmente subìto dai singoli consumatori condizionare l’ammissibilità della domanda”; per Trib. Roma 11 aprile 2011, ibid., 3424, “nell’azione di classe, presupposto di ammissibilità della domanda è l’identità dei diritti individuali dei consumatori, che ricorre allorché questi abbiano origine da un medesimo fatto costitutivo e il loro accertamento coinvolga questioni comuni di fatto e di diritto”. Ancora per Trib. Roma 25 marzo 2011, ibid., 1889, “nell’azione di classe regolata dall’art. 140 bis cod. consumo, l’identità dei diritti individuali del proponente, rispetto a quelli dei potenziali aderenti, deve essere intesa come omogeneità, non potendo la diversa entità del danno eventualmente subìto dai singoli consumatori condizionare l’ammissibilità della domanda e dovendo invece l’identità riferirsi solamente alla natura degli elementi oggettivi di identificazione dell’azione”; per App. Milano 3 marzo 2014, cit., “Nell’azione di classe l’omogeneità tra i diritti individuali del proponente e dei potenziali aderenti, accertata nella fase di ammissibilità in cui non rilevano questioni relative alla prova del quantum, si ravvisa nel caso in cui la fonte del danno sia comune per tutti e la quantificazione del risarcimento appaia effettuabile in base a criteri uniformi”.
Non rileva, fatta eccezione per l’ultima pronuncia indicata, che si tratti di vicende anteriori alla modifica disposta dal d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito in l. 24 marzo 2012 n. 27, con cui è stato modificato il testo dell’art. 140 bis D.Lgs. 206/2005, sostituendo il riferimento all’identità dei diritti fatti valere con quello di omogeneità, posto che nel valutare il rapporto tra la posizione del proponente e quella degli aderenti è stato valorizzato il requisito dell’omogeneità inteso come unitarietà del fatto costitutivo della pretesa, così recependo l’indicazione maggioritaria emersa sul formante dottrinario secondo cui sarebbe stato auspicabile che i tribunali, nella fase di «filtro» dell’ammissibilità della domanda, avessero valutato, piuttosto che l’identità dei diritti, la comunanza delle questioni poste a fondamento delle pretese azionate
In altri termini per valutare l’esistenza, o no, di diritti omogenei al risarcimento del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette, tale è il caso all’esame del tribunale, non rileva la possibile divaricazione sul piano del quantum, ma l’alterazione del processo decisionale di acquisto da parte del singolo consumatore per effetto della pretesa pratica commerciale scorretta/ingannevole, perché “utilizzando scorrettamente i criteri ed i parametri di prova previsti dal metodo normalizzato e ciò in violazione della vigente disciplina o almeno tradendo ratio e finalità e li comunicano poi ai consumatori in modo da influenzare illegittimamente le scelte di consumo anche facendo apparire come ufficiali ed attendibili dati che, al contrario, tali non sono”.
L’obiezione secondo cui l’eventuale maggior consumo potrebbe essere imputato a Volkswagen solo se dimostrato il mancato verificarsi (o l’irrilevanza) nell’uso quotidiano di altri fattori che influenzano il consumo, non basta a scalfire l’unicità dell’evento di danno, pretendendo di valorizzare aspetti che attengono al piano del danno conseguenza, la cui perimetrazione è effettuata in base all’art. 1223 c.c. ed alla cui liquidazione in tesi si potrebbe in concreto pervenire in via equitativa ex art. 1226 c.c. Per converso, come sostenuto da autorevole dottrina, il requisito dell’omogeneità dei diritti presuppone l’identità delle questioni di fatto e di diritto o, comunque, un livello di similarità tale da consentire la trattazione della controversia per pervenire ad una decisione omogenea.
Le convenute nel subordinare l’ammissibilità dell’azione alla presenza di danni perfettamente sovrapponibili finiscono per dar prevalenza alla finalità di economia processuale a scapito della non meno rilevante funzione di deterrenza di condotte (asseritamente) illecite, non senza considerare che la prima finalità potrebbe essere gravemente compromessa da una non remota inondazione di azioni individuali presso i giudici di prossimità una volta che i singoli consumatori ritengano di poter superare la barriera costituita dal divario tra costo di accertamento del diritto e valore del diritto in contesa (il preteso maggior consumo di carburante).
In altri termini, l’approccio interpretativo prescelto che non enfatizza la possibile divaricazione sul piano del quantum, ma fa leva sull’unicità del danno evento (condotta illecita plurioffensiva), finisce per disincentivare condotte opportunistiche propiziate dall’ostacolo nell’accesso alla giustizia ed al tempo stesso permette di recuperare delle economie di scala che inevitabilmente nelle azioni individuali rischiano di perdersi quando i costi terziari (da amministrazione della giustizia) sopravanzino quelli primari (intesi come somma algebrica del danno atteso e costi di prevenzione) e quelli secondari (derivanti da un rischio che non si è scelto di sopportare). Situazione, quest’ultima, nella quale la responsabilità civile azionata in forma individuale non è più utile sicuramente per il danneggiato.
4) Di là da divaricazioni interpretative in merito alla ratio della normativa comunitaria, è pacifico come nell’ambito del quadro normativo di riferimento, attualmente disciplinato dal regolamento ce n. 692/2008 del 18 luglio 2008 (“recante attuazione e modifica del regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (EUR 5 ed EUR 6) e all’ottenimento di informazioni per la riparazione e la manutenzione del veicolo”), il legislatore europeo abbia emanato una normativa tesa ad imporre ai costruttori di autoveicoli di conseguire l’omologazione subordinatamente al rispetto degli standard sul livello di emissioni di CO2 e di consumo di carburante, vieppiù uniformando in sede di omologazione la metodologia di rilevazione e imponendo ai distributori di avvalersi di tali dati in sede promozionale e di vendita. In quest’ultima direzione il d.p.r. 84/2003 in attuazione della direttiva 1999/94/CE disciplina la modalità di attuazione degli obblighi informativi verso i consumatori sul risparmio del carburante e sulle emissioni di CO2 a carico dei costruttori di autoveicoli e dei responsabili dei punti vendita. Del pari non è dubitabile che, contrariamente a quanto dedotto dall’attrice, il procedimento di omologazione degli autoveicoli non è governato dalle case produttrici. Per contro, in base all’art. 3 regolamento 692/2008 “Per ottenere l’omologazione CE riguardo alle emissioni e alle informazioni per la riparazione e la riparazione del veicolo, il costruttore dimostra che i veicoli superano le prove effettuate con le procedure indicate negli allegati da III a VIII, da X a XII, XIV e XVI del presente regolamento. Il costruttore assicura anche la conformità alle specifiche dei carburanti di riferimento indicate nell’allegato IX del presente regolamento”, provvedendo poi le autorità di omologazione a notificare alla Commissione i dettagli di ciascuna omologazione concessa. In altri termini, allo stato dell’attuale quadro normativo, le autorità di omologazione non si limitano a certificare la conformità dei dati comunicati, ma sono tenute a verificare che questi siano stati ottenuti nel rispetto del metodo normalizzato di misurazione del livello di emissione e, quindi, l’avvenuto superamento delle prove effettuate secondo le procedure indicate nel rispetto dei parametri stabiliti nei regolamenti UN/ECE/101 e UN/ECE/83. Non è contestato, né sarebbe stato possibile contestarlo, che per quanto riguarda lo specifico contesto tedesco le verifiche tecniche avvengono sotto il controllo di una società di servizio esterna, che verifica i test di omologazione, provvedendo poi ad inviare un resoconto all’autorità di omologazione, che solo in caso positivo provvede all’emissione del certificato di omologazione. Per quanto implicitamente ventilato (v. pag. 8 dell’atto di citazione), ma solo in termini di inclinazione delle case costruttrici ad avvalersi dei margini di tolleranza delle verifiche per ottenere risultati più lusinghieri rispetto a quelli reali, mentre meno velato è un altro passaggio argomentativo a proposito dell’inattendibilità dei dati ottenuti sul livello di consumo e di emissione (v. pag. 28 dell’atto di citazione), l’attrice non pare sostenere che i dati emersi in sede di omologazione, pacificamente corrispondenti a quelli divulgati (cfr. docc. 3 e 5 del fascicolo attoreo) , non siano veritieri, o peggio che tali misurazioni siano state falsate, ma, prendendo le mosse dal divario tra le rilevazioni di laboratorio fatte effettuare da un soggetto terzo (Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria) ed i dati comunicati, inferisce l’esistenza di un uso non corretto del metodo di misurazione. Divario, quest’ultimo, valorizzabile ora come pratica commerciale ingannevole ora come pratica commerciale scorretta, posto che di per sé l’inattendibilità del dato sarebbe indice del mancato rispetto della diligenza professionale dovuta nella doverosa prospettiva di tutela del consumatore. Nella prospettazione dell’attrice “alla luce delle verifiche fatte svolgere da Altroconsumo è, infatti, emerso che le società convenute misurano i consumi delle proprie autovetture – o almeno del modello per cui è causa - utilizzando scorrettamente i criteri ed i parametri di prova previsti dal metodo normalizzato e ciò in violazione della vigente disciplina o almeno tradendo ratio e finalità e li comunicano poi ai consumatori in modo da influenzare illegittimamente le scelte di consumo anche facendo apparire come ufficiali ed attendibili dati che, al contrario, tali non sono” (v. pag. 14 dell’atto di citazione). Sennonché, l’allegazione svolta dall’attrice, come già detto, è meramente congetturale poiché non vi sono sufficienti evidenze scientifiche per ritenere che la misurazione fatta effettuare sia avvenuta nel rispetto della stessa metodologia e con gli stessi parametri utilizzati in sede di omologazione su un autoveicolo nelle stesse condizioni di quello oggetto dei test di omologazione. Non è contestato che l’autovettura fatta testare dall’attrice fosse non nuova ed utilizzata nell’ambito di un’attività commerciale di noleggio e, come tale, già assoggettata all’usura causata da possibili diversi modi di guida. Ciò rende evidente come il preteso scorretto “utilizzo dei criteri e dei parametri di prova previsti dal metodo normalizzato” poggi su una mera congettura fondata su un ragionamento di tipo induttivo, ma al tempo stesso la base dell’inferenza, ossia il test fatto effettuare da un laboratorio terzo, non è sufficiente per poter ritenere che i dati emersi in sede di omologazione siano ascrivibili alla dedotta pratica commerciale scorretta/ingannevole. Dalla documentazione prodotta emerge in modo univoco la non comparabilità tra i test di omologazione e quello commissionato a Innovhub.
Infatti, mentre per effettuare i test di omologazione il banco rulli è stato settato sulla base di valori ricavati da prove sperimentali eseguite dal costruttore (coast down test effettuato su una pista di prova per inerzia), i dati valorizzati dall’attrice sono stati ricavati da un settaggio standard sulla base di valori indicati dalla normativa. “Nelle prove realizzate da Altroconsumo si è deciso di non utilizzare i parametri ricavati dal coast down test in quanto tale tecnologia evidenzia anche lacune: mancanza di una procedura chiara e strutturata nella normativa vigente; difficoltà di ottenere dati di facile e assoluta interpretazione e quindi di utilizzo per il settaggio del banco a rulli” (v. pag. 5 del doc. 11 di parte attorea). D’altro canto, ed il dato rileva ai fini dell’adeguatezza dell’allegazione meritevole di eventuale approfondimento istruttorio, non è senza rilievo che l’auto del sig. Vighenzi oggi rappresentato non sia stata quella sottoposta al test di comparazione, diversamente da quanto avvenuto in altra analoga vicenda portata all’attenzione del Tribunale di Torino dalla stessa attrice ma contro altra casa produttrice (v. doc. 9 del fascicolo di parte convenuta), ma la verifica sia stata effettuata, come detto, su altro automezzo dello stesso tipo. Si ripete il test di laboratorio fatto svolgere dall’attrice, al pari di ogni consulenza di parte stragiudiziale, è una mera allegazione come tale priva di rilievo probatorio (cfr. ex plurimis, Cass. 6-8-2015, n. 16552.), perché non svolta nel rispetto del necessario contraddittorio, peraltro effettuata sulla base di una diversa impostazione dei criteri di misurazione, sì da evidenziare la non comparabilità. In questo contesto, considerato che l’attrice non ha chiesto all’udienza di poter precisare più nel dettaglio il modo in cui si sarebbe concretizzato lo scorretto uso dei parametri da parte delle convenute in sede di test di omologazione, non è possibile disporre alcun approfondimento istruttorio, sì che la presente azione non è in grado di superare il vaglio della fase di ammissibilità. In altri termini, non essendovi adeguate evidenze a supporto della pretesa scorretta utilizzazione dei parametri di misurazione dei livelli di emissione e consumo, non è neppure possibile procedere al chiesto approfondimento mediante consulenza tecnica, posto che lo stesso tipo di indagine proposta [… “accertare: a) il metodo applicato dalle convenute ed i relativi criteri di effettuazione della prova, nonché i relativi accorgimenti utilizzati in tale sede, al fine di accertare se essi siano o meno corretti e ammissibili in base alle disposizioni ed alle finalità della normativa applicabile; b) all'esito e ove occorra, le emissioni di CO2 e il consumo di carburante del veicolo per cui è causa nel rispetto del NECD così come disciplinato dalla normativa applicabile”] rende palese il carattere meramente esplorativo della chiesta indagine. Non ignora il collegio che la consulenza tecnica abbia ormai perso per buona parte la sua funzione meramente deducente, per essersi ormai da tempo fatto strada il modello della consulenza di tipo percipiente, ossia uno strumento teso alla ricerca del fatto da provare al cospetto di questioni eminentemente tecniche, la cui rilevazione non può che essere fatta da un soggetto dotato di un sapere extragiuridico. Sta di fatto che la possibilità di ricorrere ad un modello siffatto di consulenza non esonera la parte dall’onere di allegazione e di prova, nei limiti delle proprie possibilità anche secondo il canone della vicinanza al fatto da provare. Nel caso di specie l’azione, come già detto, si basa su uno specifico addebito, ossia lo scorretto utilizzo dei parametri di misurazione, che tuttavia, è il frutto di una mera congettura, che, pur postulando il mancato rispetto della diligenza professionale dovuta nella effettuazione dei test di omologazione o, addirittura, la divulgazione di dati non rispondenti al vero, è il frutto di una generica allegazione priva di alcun concreto principio di prova per essersi basata su un’indagine svolta senza contraddittorio e, soprattutto, su una metodica dichiaratamente diversa da quella usata per l’effettuazione dei test di omologazione.
A maggior ragione deve essere dichiarata inammissibile l’azione svolta nei confronti di Volkswagen Italia, poiché, qui evocata quale distributore per l’Italia degli autoveicoli a marchio VW, non risulta in alcun modo dedotto come essa abbia concorso con Volkswagen AG nelle condotte ascritte, quantomeno in termini di consapevole divulgazione di dati inattendibili.
Né è possibile circoscrivere l’ambito della pretesa pratica commerciale ingannevole alla presentazione di dati non ripetibili nell’uso quotidiano, posto che, come già detto, l’assunto attoreo prende le mosse dal preteso scorretto utilizzo dei parametri. Comunque nella loro attività di pubblicizzazione dell’autovettura le convenute hanno sempre precisato che i valori dichiarati hanno un carattere meramente indicativo, perché in concreto numerosi sono i fattori in grado di incidere sul consumo individuale. Di qui lo svolgimento di attività promozionale volta a sensibilizzare l’utenza per una condotta di guida con minor impatto per l’ambiente.
Le spese di lite, attesa la parziale soccombenza delle convenute, possono essere compensate nella misura di 1/3, ponendo il residuo, liquidato come da dispositivo, secondo il principio della soccombenza ed applicati i parametri ex D.M. 55/2014 per le controversie di valore indeterminato di particolare importanza raddoppiati ex art. 4, comma 10, ma con esclusione della sola fase di trattazione/istruttoria.
Nonostante l’apparente tenore dell’art. 140, comma 8, D.Lgs. 206/2005, la regolazione delle spese di lite non implica l’automatico riconoscimento della responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c. in assenza di attività istruttoria relativa allo stato soggettivo necessario in capo all’attrice.
Quanto alle misure di pubblicità sempre previste dall’indicata disposizione, reputa il collegio adeguata la pubblicazione a cura e spese dell’attrice della presente ordinanza per la durata di 60 giorni consecutivi nel sito internet dell’attrice mediante inserimento nella home page e con modalità tali da renderla evidente al momento dell’apertura. Il tutto entro dieci giorni dal decorso del termine per la proposizione del reclamo ex art. 140, comma 7, D.Lgs. 206/2005.

P.Q.M.


Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe riportata, così provvede:


1) dichiara inammissibile l’azione proposta da Altroconsumo in qualità di rappresentante processuale di Paolo Vighenzi;
2) compensa per 1/3 le spese di lite e condanna Altroconsumo nella riferita qualità alla rifusione del residuo in favore di Volkswagen AG e Volkswagen Group Italia s.p.a., liquidato per ciascuna convenuta in € 7.650, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA se dovuti per legge;
3) dispone la pubblicazione della presente ordinanza a cura e spese dell’attrice per la durata di 60 giorni consecutivi nel sito internet dell’attrice mediante inserimento nella home page e con modalità tali da renderla evidente al momento dell’apertura, entro dieci giorni dal decorso del termine per la proposizione del reclamo ex art. 140, comma 7, D.Lgs. 206/2005.

Si comunichi
Venezia, li 4.11.2015
Il Presidente est.
Dott. Roberto Simone
Pubblicata il 12 gennaio 2016

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