Il comandante, che, senza giustificato motivo, abbandona o cede il comando durante il combattimento o in presenza del nemico, ovvero in circostanze tali da compromettere la sicurezza di forze militari, è punito con la morte (1) mediante fucilazione nel petto. Se il fatto è commesso in qualsiasi altra circostanza di pericolo, il comandante è punito con la reclusione militare non inferiore a quindici anni. Se il fatto è commesso fuori delle circostanze indicate nei commi precedenti, si applica la reclusione militare fino a due anni. La condanna importa la rimozione. Agli effetti della legge penale militare, il reato s'intende commesso durante il combattimento, se il fatto che lo costituisce è commesso mentre l'azione bellica si svolge, o quando essa sta per cominciare. (1) La pena di morte, per i delitti previsti dal Codice penale militare di guerra, è stata abolita dall'art. 1, L. 13 ottobre 1994, n. 589 che, ad essa, ha sostituito la pena massima prevista dal codice penale.