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Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:
1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;
2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente;
3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.
Appello Roma 28/11/2007 disciplina applicabile alla concorrenza nell'uso delle frequenze televisive
La controversia attinente all’ipotesi in cui due imprenditori privati impegnino, per la diffusione televisiva via etere, in ambito locale, la medesima frequenza o frequenze molto vicine, con reciproche interferenze, va inquadrata nell’ambito delle disposizioni di cui all'art. 2598 c.c., individuando in base al criterio della priorità dell'uso di fatto di una frequenza il soggetto tutelato contro comportamenti di concorrenza sleale dell'altro imprenditore. (Cass. n. 6339/1984; Cass. n. 7380/1992; Cass. n. 16996/2006). Corte d'Appello di Roma, sentenza del 28/11/2007.
Cassazione Civile 2009/17144 presupposto della concorrenza sleale è la comunanza di clientela
In tema di concorrenza sleale, presupposto indefettibile dell'illecito è la sussistenza di una situazione di concorrenzialità tra due o più imprenditori, derivante dal contemporaneo esercizio di una medesima attività industriale o commerciale in un ambito territoriale anche solo potenzialmente comune, e quindi la comunanza di clientela, la quale non è data dalla identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti, bensì dall'insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono a tutti i prodotti che sono in grado di soddisfare quel bisogno. La sussistenza di tale requisito va verificata anche in una prospettiva potenziale, dovendosi esaminare se l'attività di cui si tratta, considerata nella sua naturale dinamicità, consenta di configurare, quale esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico, e quindi su quello merceologico, l'offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini e succedanei rispetto a quelli offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, nella parte in cui, nonostante il diverso pregio dei prodotti delle parti ed il diverso livello dei negozi presso cui essi erano reperibili, aveva ritenuto sussistente la confondibilità tra gli stessi, in virtù della loro appartenenza alla medesima categoria merceologica e dell'adozione di un marchio fortemente confondibile, che avrebbero potuto indurre il pubblico a ritenere entrambi i prodotti riconducibili all'attività della medesima impresa). Cassazione Civile, sez. I, sentenza 22 luglio 2009, n. 17144.
Cassazione civile Sez. Unite 2006/16996 il rilascio di autorizzazioni amministrative non inficia il preuso
Nel rapporto concorrenziale fra privati (nella specie, emittenti radiotelevisive), l'efficacia del "preuso" non può essere messa in discussione dal rilascio di autorizzazioni amministrative, le quali, tra l'altro, sono date sempre con la clausola della salvezza dei diritti dei terzi. Cassazione civile Sez. Unite, 26/07/2006, n. 16996.