Art. 345 cpc - Domande ed eccezioni nuove

Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa.

Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d’ufficio.

Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti (1), salvo che (2) la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli (1) nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio.

(1) Le parole: “non possono essere prodotti nuovi documenti”, nonché le parole: “o produrli” sono state inserite dall’art. 46, co. 18, L. 18 giugno 2009, n. 69.

(2) Le parole: "il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che" sono state soppresse dall’art. 54, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134. Ai sensi dell'art. 54 cit., co. 2, le disposizioni del presente articolo si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso.



La mera difesa non è un eccezione nuova

Il divieto posto dall'art. 57, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, riguarda soltanto le nuove eccezioni in senso proprio o stretto - non anche le eccezioni in senso lato e le mere difese ed argomentazioni giuridiche - ovvero le domande nuove che modificano la causa petendi o alterano l'oggetto sostanziale dell'azione e i termini della controversia.

Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 19/06/2024, n. 16943


 

“Il  divieto di nuove eccezioni in appello, introdotto per il giudizio contenzioso ordinario con la legge 26 novembre 1990, n. 353, tramite la riforma dell’art. 345 cod. proc. civ., e successivamente esteso al giudizio tributario dall’art. 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, si riferisce esclusivamente alle eccezioni in senso stretto o proprio, rappresentate da quelle ragioni delle parti sulle quali il giudice non può esprimersi se ne manchi l’allegazione ad opera delle stesse, con la richiesta di pronunciarsi al riguardo. Detto divieto non può mai riguardare, pertanto, i fatti e le argomentazioni posti dalle parti medesime a fondamento della domanda, che costituiscono oggetto di accertamento, di esame e di valutazione da parte del giudice di secondo grado, il quale, per effetto dell’impugnazione, deve a sua volta pronunciarsi sulla domanda accolta dal primo giudice, riesaminando perciò i fatti, le allegazioni probatorie e le argomentazioni giuridiche che rilevino per la decisione” (Cass. n. 18519 del 2005; Cass. n. 27562 del 2018)

Corte di Cassazione ordinanza n. 11724 depositata il 12 aprile 2022


Il diritto dedotto dall'appellante non incorre in divieto di nuove domande o eccezioni

In tema di azione per il risarcimento dei danni, in relazione al divieto di domande nuove in appello, nel suo nucleo immodificabile la domanda non va identificata in relazione al diritto sostanziale eventualmente indicato dalla parte e considerato alla stregua dei fatti costitutivi della fattispecie normativa (che costituisce oggetto della qualificazione del giudice), bensì esclusivamente in base al bene della vita e ai fatti storici-materiali che delineano la fattispecie concreta; ne consegue che, se i fatti materiali ritualmente allegati rimangono immutati, è compito del giudice individuare quali tra essi assumano rilevanza giuridica, in relazione alla individuazione della fattispecie normativa astratta in cui tali fatti debbono essere sussunti ed indipendentemente dal tipo di diritto indicato dalla parte.

 Corte d'Appello Roma, Sez. lavoro, Sentenza, 11/10/2022, n. 3447


Nel processo tributario, la parte resistente la quale, in primo grado, si sia limitata ad una contestazione generica del ricorso può rendere specifica la stessa in sede di gravame poiché il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall'art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, riguarda solo le eccezioni in senso stretto e non anche le mere difese, che non introducono nuovi temi di indagine. (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG. ROMA, 17/05/2016)

 Cass. civ., Sez. VI - 5, Ordinanza, 23/05/2018, n. 12651


 

La non contestazione dei fatti non costituisce prova legale, bensì un mero elemento di prova, sicché il giudice di appello, ove nuovamente investito dell'accertamento dei medesimi con specifico motivo di impugnazione, è chiamato a compiere una valutazione discrezionale di tutto il materiale probatorio ritualmente acquisito, senza essere vincolato alla condotta processuale tenuta dal convenuto nel primo grado del giudizio.

Cass. n. 8708 del 04/04/2017 (ma v. in precedenza anche Cass. n. 185 del 09/01/2002.


Cass. Civ., sez. III, sentenza 31 marzo 2008, n. 8292


Trib. Torino, sez. III civile, ordinanza 10 marzo 2009