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Troppi casi di coronavirus nella casa di cura: indagini per lesioni

Troppi casi di coronavirus nella casa di cura indagini per lesioniIl 19 marzo 2020, un paio di settimane dopo l’esplosione dell’emergenza Coronavirus, a Cingoli, un paesino in provincia di Macerata, si registra la quinta vittima da contagio di Covid-19.

Fin qui nulla di diverso da quanto sta succedendo in gran parte di Italia. Ogni giorno i bollettini sono sempre più allarmanti, le cifre del mese di marzo sono quelle più impressionanti e la tanto agognata curva che indicherà il rallentamento del contagio, è ancora lontana.

Se non fosse che Cingoli è un piccolissimo paese della provincia di Macerata, sicuramente non una delle zone più colpite di Italia, ed è famoso per essere quasi inaccessibile; arroccato in collina, in posizione impervia, non vi è un viavai tale da giustificare ben cinque decessi a pochi giorni dall’inizio della pandemia. Il decesso è una eventualità rispetto al contagio e questa informazione lascia presagire che, statistiche alla mano, se si sono registrate già cinque vittime, il numero dei contagiati potrebbe essere ben più alto.

Non solo, ma il dato più straordinario che fa riflettere, è che tre dei deceduti erano ospiti della locale Casa di riposo, una struttura comunale gestita da una cooperativa.

Il "paziente zero" della casa di cura di Cingoli ha 80 anni

Tutto inizia quando il 10 marzo, una ospite ottantenne si sente male al ritorno da una visita esterna presso l’ospedale di Ancona. La sintomatologia sembra non lasciare dubbi e aggravandosi, viene disposto il tampone che dà esito positivo. È la “paziente zero” di Cingoli e viene ricoverata in terapia intensiva a Camerino. Nella vicina città universitaria, infatti, le autorità sanitarie regionali hanno allestito presso l’ospedale civile una struttura ad hoc interamente dedicata ai pazienti affetti da Covid.

Da lì a poco si scopre che il virus si è diffuso tra gli altri ricoverati. Siamo ancora lontani dai numeri sconvolgenti che agli inizi di maggio porteranno a nove le vittime e tra i quaranta anziani ospiti della Casa di riposo marchigiana, eppure la situazione desta già allarme. Dal giovedì alla domenica, una escalation di contagi: ben 24 nuovi casi tra le mura della casa di riposo.

Le misure di contenimento adottate dalla struttura

In attesa di scoprirne di più, i dirigenti ordinano l’isolamento della struttura, i ricoverati non possono più avere contatti con l’esterno, nessuno entra e nessuno esce, per evitare la diffusione del virus all’esterno. Questa misura di contenimento però, non frena i contagi: prima che venissero isolati i ricoverati, i parenti si recavano per le visite come di consueto e dunque sono diversi i contagiati che originano dal focolaio di Cingoli. I parenti che si erano recati in visita devono mettersi in quarantena e non possono più assistere i familiari né prendere parte alle esequie. Colpito anche il personale sanitario presso la Casa di riposo: due operatrici, una delle quali a sua volta ha infettato il marito, un medico di base e una infermiera.

Nonostante l’isolamento, i pazienti continuano ad ammalarsi e in molti casi ad aggravarsi ma non ci sono posti a sufficienza negli ospedali, presi alla sprovvista dalla malattia, che richiede continui ricoveri in terapia intensiva. Non si sa come fronteggiare l’emergenza, anche i medici di base sono fuori gioco perché si stanno ammalando.

Una situazione drammatica che ha sconvolto l’Italia intera, ma che qui assume i contorni di un giallo per l’intensità e la diffusività del contagio, e che in seguito sarà condivisa da altre strutture eccellenti come il Pio Albergo Trivulzio di Milano.

Informativa al Presidente del Consiglio dei ministri

Il Presidente del Consiglio dei ministri riceve una informativa sul caso e contemporaneamente la procura della Repubblica di Macerata apre un fascicolo di indagine a carico di ignoti sul focolaio di coronavirus della casa di riposo di Cingoli.

La procura apre le indagini contro ignoti

Il procuratore capo della Repubblica di Macerata ipotizza i reati di omicidio colposo plurimo aggravato e di lesioni colpose. Tra le aggravanti contestate vi è anche il mancato rispetto delle norme a tutela dei lavoratori.

Sequestro di documenti e cartelle cliniche

La Procura della Repubblica decide di approfondire il caso, anche alla luce di segnalazioni provenienti da altre case di riposo, così per ordine della magistratura vengono passate al setaccio tutte le strutture per anziani, sequestrando le cartelle cliniche qualora essi fossero ricoverati in strutture convenzionate come le RSA.

La Procura inizia ordinando di acquisire documenti e informazioni su tutte le case di riposo e strutture ospedaliere della provincia, per valutare come sia stata gestita l’emergenza sanitaria.

Anche dove non sono ricoverati i pazienti Covid, infatti, si sono registrati contagi e decessi a causa del Coronavirus ed è importante approfondire se è dipeso da omissioni o sottovalutazioni di rischi e se, in particolare, possa aver giocato un ruolo l’aver indossato tempestivamente o meno i presidi medico-chirurgici poi rivelatisi fondamentali per prevenire il contagio tra il personale sanitario.

I visitatori vengono messi in quarantena

Nel frattempo, per arginare la diffusione – e agevolare le indagini – il Comune di Cingoli emette una ordinanza, appellandosi a tutti i cittadini che siano entrati nella Casa di riposo dopo il 20 febbraio.

In essa si chiede di notificare alla ASL e al Sindaco, che è autorità sanitaria, l’eventuale accesso alla casa di riposo a partire dal 20 febbraio, e di osservare una quarantena volontaria di 15 giorni a casa.

Al vaglio eventuali inadempienze del direttore

Dai confini del maceratese le indagini si allargano a tutta la regione, coinvolgendo i carabinieri del nucleo antisofisticazioni di Ancona e gli ispettori del servizio prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro delle Aree Vaste.

Emerge, anche dalle dichiarazioni delle amministrazioni comunali coinvolte, che la situazione si è complicata a causa del fatto che la casa di riposo privata non è equiparata a un ospedale, nonostante vi siano ricoverati affetti da patologie, e pertanto il servizio sanitario nazionale non può farsene carico. La gestione di situazioni emergenziali viene affidata ai direttori delle strutture, che devono innanzitutto isolare i positivi. Solo nel caso delle RSA, essendo enti pubblici convenzionati, l’Azienda sanitaria paga le prestazioni di natura sanitaria, mentre la retta alberghiera è a carico dell’ospite.

Inoltre, emerge che la struttura era sfornita di personale, medici e infermieri, ma soprattutto di dispositivi di protezione come le mascherine. Ad operare all’interno, solo i dipendenti della cooperativa che assistono gli anziani, che hanno continuato, assumendone il rischio, a fare le pulizie e preparare i pasti con protezioni di fortuna.

Un ulteriore elemento inserito nel fascicolo dell’indagine è che, poco prima che il virus entrasse nella casa di riposo, il Comune di Cingoli aveva acquistato da un fornitore in Sudafrica un carico di protezioni individuali, regolarmente approdato a Fiumicino, ma bloccato alla dogana in attesa di un visto dell’Istituto superiore di Sanità, indispensabile per distribuire il materiale certificandone la omologazione agli standard biomedicali.

Esposti da parte delle associazioni

In Italia si aprono intanto indagini per casi simili. Alcune Procure chiedono di disporre autopsie per accertare le cause dei decessi ed eventuali prove di responsabilità dei reati commessi a danno dei pazienti delle strutture.

Gli esposti arrivati sul tavolo degli inquirenti, anche da associazioni di consumatori, chiedono di fare chiarezza sui possibili reati di epidemia e concorso in omicidio plurimo per le morti dovute a infezione da covid-19.

INAIL: il contagio del personale è infortunio sul lavoro

Un risvolto tutto da vagliare per gli inquirenti è anche quello dei contagi avvenuti tra il personale che ha assistito gli anziani. L’Istituto Nazionale INAIL ha infatti deciso di classificare il contagio avvenuto sul luogo di lavoro come infortunio.

Ciò implica che se esso si è verificato per inadempienze legate al numero degli operatori, alla dotazione di dispositivi di protezione, o alle prescrizioni sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, il direttore della struttura ne sarebbe penalmente responsabile.

Tags: Dir. Penale

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