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Truffa bollini su ricette per farmaci non consegnati

 truffa applicare bollini a ricette per farmaci non consegnatiLa Corte di cassazione con sentenza n. 35924 dell’8 agosto 2019 ha annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Trieste con la quale veniva condannato un farmacista friulano per truffa, rimettendo al collegio di una diversa sezione la decisione sul merito.

La cassazione ha ritenuto che integrasse tanti singoli reati istantanei di truffa la condotta del farmacista che aveva presentato in più occasioni per il rimborso alla ASL ricette sulle quali era stata applicata la fustella attestante la consegna dei farmaci agli assistiti, in realtà mai avvenuta.

L'apposizione della fustella, sancisce in linea di diritto la Suprema Corte, integra l'artificio o il raggiro che induce la ASL in errore sull'effettività della prestazione erogata.

La truffa delle fustelle ed rimborsi ASL

Il titolare di una farmacia e i suoi collaboratori, nel 2017 sono stati scoperti e indagati per aver chiesto illecitamente rimborsi alla ASL di appartenenza.

Quando ci si reca in farmacia per l’acquisto di un farmaco e si paga, si sta rimborsando direttamente il farmacista per un esborso che egli ha compiuto acquistando in anticipo i farmaci che poi venderà.

Ma quando viene presentata al banco una ricetta recante l’agevolazione sanitaria del farmaco mutuabile, e pertanto non ci sarà pagamento diretto da parte del paziente, sarà il farmacista a doversi rivolgere alla ASL per il rimborso del costo anticipato.

Il rimborso avviene dietro esibizione delle c.d. fustelle, ovvero delle etichette rimovibili a lettura ottica che si trovano sul retro delle confezioni, attestanti il beneficio della mutua da parte del servizio sanitario nazionale, unitamente ad un preciso documento contabile.

Richiesta di Rimborso senza Vendita del Farmaco

Cosa succede se il farmacista acquista in anticipo una categoria di farmaci mutuabili che sa saranno venduti ad alcuni pazienti regolari, che però non si presentano o ne acquistano una quantità inferiore?

Il farmacista avrebbe comunque la possibilità di rivenderli nel corso del tempo prima della loro scadenza.

Nel caso in cui la scadenza dovesse avverarsi prima della vendita, il farmacista sarebbe comunque indennizzato del costo sostenuto poiché a ciò provvede l’azienda farmaceutica che ha prodotto e distribuito il farmaco da smaltire.

C’è però chi non è disposto ad aspettare e ha deciso di inoltrare la richiesta di rimborso alla ASL pur senza aver venduto alcunché.

Il caso dei rimborsi per i farmaci non ritirati

Questo è quanto ha portato alla condanna il titolare di una farmacia con sede in una cittadina del Friuli.

Una strategia che si protraeva da tempo e che aveva dato i suoi frutti – fino alla scoperta da parte delle autorità – tanto che anche i dipendenti avevano l’ordine di rimuovere le fustelle dalle confezioni di farmaci ordinati da alcuni clienti ma poi da questi non ritirati, sebbene il loro ruolo si fermasse alla rimozione e non avessero percepito mai alcunché.

Le fustelle venivano staccate dai farmaci e poi attaccate sulle ricette mediche da presentare alla ASL di competenza per il rimborso, effettivamente e puntualmente corrisposto.

Il fatto è che i farmaci non uscivano dagli scaffali della farmacia e volendo potevano essere messi in vendita in un secondo momento, guadagnandovi una seconda volta.

Il farmacista poteva infatti consegnare ad un altro assistito la confezione del farmaco, già priva della fustella. L’acquirente non al corrente dell’obbligo per il farmacista di rimuovere il bollino solo al momento della consegna, riceverebbe così un farmaco assolutamente valido senza minimamente sospettare che dietro può nascondersi una condotta truffaldina.

Annullamento con rinvio ad altra Sezione di appello

La Corte di appello di Trieste con sentenza del 12 novembre 2018 ha confermato la condanna inflitta in primo grado nei confronti dell’imputato, per il reato di truffa.

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio alla Corte di appello per la diversa determinazione giuridica del reato.

Tre motivi di ricorso: accolto il terzo

Il difensore dell’imputato ricorre per cassazione eccependo che la sentenza della Corte di appello era viziata perché si era basata sulle dichiarazioni dei dipendenti che però avrebbero dovuto assumere la qualità di indagati perché concorrenti nella asserita condotta delittuosa.

Con il secondo motivo viene eccepita l’erronea qualificazione del reato ex art. 640 c.p., anziché ex art. 316 ter c.p. poiché i rimborsi dovevano considerarsi erogazioni statali o regionali e comunque la tenuità del valore medio del singolo rimborso comportava l’annullamento della sentenza perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Contestata la mancanza di motivazione sull’unitarietà della condotta

Con il terzo motivo si eccepisce la violazione dell'art. 158 c.p. con riferimento al giorno della commissione del reato, essendosi in presenza di singoli reati istantanei, e motivazione mancante o insufficiente con conseguente erronea disapplicazione delle attenuanti generiche.

I dipendenti non sono in concorso con il farmacista

Il Supremo collegio accoglie unicamente il terzo motivo di ricorso rigettando gli altri due.

Relativamente al primo motivo di ricorso la Corte specifica che l'inutilizzabilità “erga omnes” ex art. 63 comma 2, c.p.p. delle dichiarazioni rese da chi doveva essere sentito sin dall'inizio come indagato o imputato, ricorre solo se a carico di costui risulti l'originaria esistenza di precisi, anche se non gravi, indizi di reità e se le indagini non possono proseguire se non postulando necessariamente l'esistenza di responsabilità penali a suo carico.

In questo caso, i collaboratori dipendenti della farmacia, erano stati considerati esecutori inconsapevoli del disegno criminoso del farmacista e si tratta di un punto deciso nel merito sul quale non è ammesso sindacato di legittimità.

Differenza tra truffa e indebita percezione di erogazioni a danno degli Enti

Il secondo motivo di ricorso viene rigettato perché la fattispecie di cui all'art. 316 ter c.p. della indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato punisce una condotta nella quale non sono individuabili gli elementi costitutivi del delitto di truffa di cui all’art. 640, comma 2, c.p., ossia gli artifici e raggiri e l'induzione in errore del soggetto passivo.

L’indebita percezione non discende infatti da una falsa rappresentazione dei presupposti da parte dell'ente pubblico erogatore; non vi è induzione in errore perché l’elemento costitutivo di questo reato è l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere ossia il conseguimento di erogazioni cui non si ha diritto.

In questo caso, il farmacista ha ottenuto i rimborsi con l'inganno dovendo consegnare il documento contabile e le ricette sulle quali è stato applicato il bollino a lettura ottica ai fini di ottenere il rimborso e non limitarsi a compilare il documento.

Applicare bollini per farmaci non consegnati ha costituito un “quid pluris” rispetto alla semplice presentazione della richiesta di rimborso, integrante gli artifici e raggiri richiesti dalla norma, mentre il Servizio Sanitario Nazionale è stato indotto in errore poiché ha riconosciuto un rimborso in base a presupposti non veritieri.

Diverse condotte ma non truffa a consumazione prolungata

La condotta del farmacista, tuttavia, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, va rivalutata in assenza di specifica motivazione sul punto della sentenza di appello.

La truffa c.d. a consumazione prolungata si ha quando la percezione dei singoli emolumenti (diverse rate, ad esempio) sia riconducibile ad un originario ed unico comportamento fraudolento.

Quando invece per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, sia necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente, si configurano plurimi ed autonomi fatti di reato.

La Corte, in contrasto con la decisione di secondo grado che ha affermato di considerare unitariamente la condotta senza ulteriormente motivare, ha ravvisato tante truffe quante sono state le richieste di rimborso al Servizio Sanitario Nazionale. In ogni occasione, infatti, il farmacista doveva inoltrare una richiesta corredata dai bollini, ponendo quindi in essere un autonomo comportamento integrante il reato.

Cosa cambia con la ricetta elettronica

Una casistica giurisprudenziale, quella della truffa mediante rimozione e presentazione delle fustelle, che forse sarà destinata a diminuire con l’avvento della ricetta elettronica.

Un accorgimento che rende immediate sia le prescrizioni mediche che l’erogazione dei farmaci ai quali mancherà il supporto cartaceo dove incollare i bollini di quelli mutuabili. Sarà il sistema online a verificare se in base al codice fiscale l’assistito ha diritto alla esenzione.

Un caso analogo si conclude con l’assoluzione

Destino diverso per il farmacista assolto nell’ottobre 2018 dalla Cassazione dopo la condanna per truffa aggravata, detenzione di medicinali scaduti e peculato.

Le accuse iniziali erano di aver conservato all’interno della farmacia numerose fustelle staccate, per cercare poi di ottenere dal medico curante dei pazienti le ricette in modo da poterne chiedere il rimborso.

Tags: Dir. Penale

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