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Acquisto e utilizzo di macchina da gioco elettronico con sistema telematico alterato

Cassazione penale 54715 2016 Acquisto e utilizzo di macchina da gioco elettronico con sistema telematico alteratoPur annullando con rinvio la sentenza emessa dalla Corte di appello limitatamente alla omessa motivazione sulla richiesta di sanzione sostitutiva, la Cassazione (sentenza n. 54715/2016) ha rigettato il ricorso dichiarando irrevocabile l'affermazione di responsabilità nei confronti dell’imputato, colpevole di avere manomesso macchine per il gioco online per abilitarle all'esercizio del gioco d'azzardo allo scopo di trarne profitto.

Secondo la Cassazione, risponde del reato di ricettazione chi acquista una macchina da gioco elettronico il cui sistema telematico sia stato alterato da altri. Ove il suddetto soggetto utilizzi quella macchina, risponde anche del reato di frode informatica poiché la condotta di alterazione del sistema telematico si realizza ogni volta che si attiva il meccanismo fraudolento installato da altri.

Da macchina da gioco a slot-machine

Il titolare di un circolo privato siciliano, di cui ne è anche presidente, per reclutare nuovi clienti e intrattenere maggiormente gli abituali, decide di installare alcune macchine da gioco.

È una procedura assistita da rigorose prescrizioni normative, volte ad impedire il gioco d’azzardo e soprattutto ad evitare che, attraverso il controllo dello Stato, tale settore venga presidiato dalla criminalità organizzata.

Esiste quindi una apposita legislazione, in materia di sicurezza e prevenzione del gioco d’azzardo, che ne regolamenta anche gli aspetti economici oltre che di uso, sia in relazione al gestore che agli utilizzatori, in base alla diversa destinazione: possono infatti esservi macchine da gioco per il mero intrattenimento o slot-machine che pagano premi in denaro. In quest’ultimo caso, una parte della vincita deve essere versata all’erario.

Per avere maggiori profitti, tuttavia, il gestore ha deciso di convertire delle “innocue” macchine da gioco in vere e proprie slot-machine senza prima ottenere il permesso.

Mediante un telecomando o combinazione di tasti, le macchine mutavano programmazione ed erogavano vincite in denaro che venivano recuperate direttamente dal gestore.

In tal modo, egli incassava in nero somme altrimenti soggette a prelievo erariale.

La perquisizione della Squadra Mobile svela il segreto

Finché una sera la Squadra Mobile di Caltanissetta, forse richiamata da una soffiata, va ad eseguire una perquisizione all'interno del circolo privato e trova due slot-machine collegate attraverso un modem alla rete degli apparecchi, con una doppia scheda inserita al loro interno e diverse monete.

La schermata di gioco lecito poteva essere convertita, semplicemente con un comando manuale, in un altro gioco che al vincitore distribuiva denaro invece della sola possibilità di rigiocare i punti conquistati.

Con l’avvento di una normativa sempre più mirata a contenere il fenomeno del gioco d’azzardo, e controlli diretti a reprimere le situazioni illecite, si è diradato il fenomeno del gioco illecito, su cui peraltro la criminalità organizzata per decenni aveva imperato.

Si è però aperto un altro fronte, non meno preoccupante, ovvero quello della manomissione degli apparecchi installati presso bar e circoli privati, dove sono frequenti avventori che abbinano alla bevuta qualche ora immersi nei giochi virtuali.

In alcuni casi addirittura le denunce sono partite dalle stesse multinazionali che operano nell’ambito delle apparecchiature di gioco, dopo aver notato anomalie sulle proprie schede prodotte ed installate negli apparecchi da intrattenimento, successivamente distribuite su tutto il territorio.

Il profitto ai danni dello Stato e dei giocatori

Quali sono i vantaggi di questa condotta criminosa? Innanzitutto, truffando lo Stato, che trattiene per sé una parte delle vincite da gioco lecitamente conseguite, i distributori degli apparecchi ed i gestori incassano importi occulti sulle percentuali di gioco non dichiarate al fisco.

Il giocatore stesso è una vittima del raggiro, non solo perché pensa di giocare su apparecchi regolamentari, ma anche perché le schede delle apparecchiature sono manomesse in modo tale da ridurre la chance di arrivare al “jackpot”, costringendo il giocatore a giocare sempre di più e dunque ad inserire più denaro.

A volte capita addirittura che gli apparecchi non siano nemmeno stati denunciati come macchine da gioco, e siano dunque sprovvisti di autorizzazione e di collegamento al circuito online dei Monopoli di Stato, ma funzionino tramite telecomandi remoti che permettono di disattivarli a distanza in caso di controlli.

La conferma dei giudizi di merito

La Corte di Appello di Caltanissetta condannava l’imputato per ricettazione ex art. 648 c.p. Il ricorso veniva rigettato dalla Cassazione, che altresì annullava la sentenza con rinvio perché riteneva la ricorrenza del diverso reato di frode informatica.

Il ricorso dell'imputato

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo nel merito l’insussistenza del reato di cui all’art. 640 ter c.p.; l’assenza di reato presupposto perché la fattispecie integrerebbe, tutt’al più, la contravvenzione di cui all'art. 718 c.p.; la violazione delle norme sul trattamento sanzionatorio.

Per la cassazione è ricettazione e frode informatica

Il presupposto fondante la pronuncia è che i videogiochi rinvenuti nel locale perquisito dalla Squadra Mobile normalmente rientranti nella disciplina di cui all'art. 110, comma 7 T.U.L.P.S., per effetto del collegamento alla rete degli apparecchi devono ritenersi sottoposti alla diversa disciplina prevista dall’art. 110, comma 6, T.U.L.P.S.

Sulla base di tale presupposto sono stati esaminati i motivi di ricorso nel merito, decretandone il rigetto.

La configurabilità del reato presupposto

In primo luogo, correttamente è stata ritenuta la configurabilità del reato di cui all'art. 640 ter c.p., ipotesi dell'alterazione, poiché la sostituzione della scheda originariamente contenuta nell'apparecchio ha comportato l'attivazione di un diverso programma e, per tal via, l’alterazione del funzionamento di un sistema informatico che la norma penale è finalizzata a reprimere.

Anche se il software contenuto nella scheda originaria è rimasto inalterato e opera regolarmente una volta riattivato, il funzionamento del sistema informatico nel suo complesso è stato manomesso per l'acquisizione di un ingiusto profitto con altrui danno, ravvisato nell'esercizio del gioco d'azzardo senza assoggettarlo al controllo telematico e alla conseguente tassazione proporzionale.

Cosicché, statuisce la Corte, integra il reato di frode informatica previsto dall'art. 640 ter c.p. l'introduzione in apparecchi elettronici per il gioco di intrattenimento senza vincite di una seconda scheda attivabile a distanza che li abilita all'esercizio del gioco d'azzardo trasformandoli nelle slot machine, poiché per ottenere tale risultato è indispensabile attivare un diverso programma alterando il funzionamento di un sistema informatico.

In punto di diritto la Corte precisa che nella fattispecie criminosa contemplata, l'attività fraudolenta dell'agente investe il sistema informatico, il cui regolare svolgimento viene alterato in qualsiasi modo.

Anche in relazione alle censure riguardanti il diverso reato di ricettazione la Cassazione rigetta il ricorso.

Sussitenza di entrambi i requisiti richiesti per la ricettazione

I due requisiti richiesti, ovvero non avere concorso nel reato presupposto e avere acquistato ricevuto od occultato cose provenienti da un qualsiasi delitto al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, sono stati entrambi soddisfatti dalla condotta incriminata.

Infatti, è stato sufficientemente ricostruito nelle fasi di merito che l'imputato acquistò le due macchine slot-machine già alterate e che una volta installate nella sala gioco, egli attraverso un comando da remoto di volta in volta, modificava il funzionamento in macchine da gioco elettronico eroganti vincite in denaro, trasformandole da macchine abilitate a giochi di abilità in macchine abilitate al gioco d'azzardo.

L’ingiusto profitto consisteva nell'incasso totalmente in nero di somme soggette a prelievo erariale unico.

Il reato presupposto è stato ritenuto quello di cui all'art. 640 ter c.p., per avere l'imputato acquistato e posto in esercizio due macchinette già alterate, da un agente esterno che aveva provveduto materialmente all'inserimento della scheda.

Poiché non può essere ritenuto partecipe del reato presupposto, correttamente è stato ritenuto colpevole del reato di ricettazione di un bene il cui sistema telematico risultava essere stato alterato.

Il reato di ricettazione è stato ritenuto concorrere anche con quello di frode informatica, in quanto diverso è il bene giuridico e diversa è la condotta. Infatti, l'imputato ha ricettato il bene provento del reato di cui all'art. 640 ter c.p., ma poi egli modificando il funzionamento delle macchinette ogni volta che premeva il telecomando per commutare il programma da lecito a illecito, teneva una condotta sussumibile nell'ambito dell'ampia nozione di alterazione di un sistema telematico.

Pertanto, risponde del reato di ricettazione chi acquisti una macchina da gioco elettronico il cui sistema telematico sia stato alterato ex art. 640 ter c.p., senza aver concorso nel suddetto reato. Ove, il suddetto soggetto, successivamente, utilizzi quella macchina, risponde anche del reato di frode informatica posto che la condotta di alterazione del sistema telematico si realizza ogni volta che si attivi il meccanismo fraudolento da altri installato consentendo, quindi, all'agente di procurare a sé un ingiusto profitto con altrui danno.

Nozione di sistema informatico alterato

Il sistema informatico o telematico richiesto per la violazione è un complesso di apparecchiature funzionali che utilizzano tecnologie informatiche, caratterizzate dalla registrazione o memorizzazione di dati e dalla loro automatica elaborazione in modo da generare informazioni. La sua alterazione consiste in ogni attività che, attraverso la manipolazione dei dati informatici, incida sul regolare svolgimento del processo di elaborazione o trasmissione dei suddetti dati.

Un caso simile con le PostePay

La Corte di cassazione penale si era pronunciata in precedenza su un caso simile.

Con la sentenza n. 41013 del 2018, aveva anche chiarito i contorni dell’applicazione del reato di frode informatica in relazione alla manomissione di programmi di compravendita online mediante la quale si sostituiva al reale venditore percependo dagli acquirenti un ingiusto profitto mediante ricariche PostePay.

Tags: Dir. Penale

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