Revoca dell’amministratore di condominio: nessun Avvocato
“Nel giudizio che revoca l’amministratore di condominio non è richiesto il patrocinio di un difensore legalmente esercente, trattandosi di un procedimento camerale plurilaterale atipico, che culmina in un procedimento privo di efficacia decisoria, siccome non incidente su situazioni sostanziali di diritti o ‘status’”.
Cassazione Civile, sez. VI,Ord. 23 giugno 2017, n. 15706.
Un pericolo per il condominio
Con tale pronuncia la Corte di Cassazione ha voluto precisare una delle peculiarità proprie dell’iter di revoca dell’amministratore di condominio, attesa la facoltà in capo ai condomini di procedere in tal senso qualora non dovessero apprezzarne competenza e capacità professionali.
Probabilmente la scarsa richiesta di revoche deriva da due circostanze: il mancato appoggio dei condomini che, pur non essendo giuridicamente necessario, è fonte di sprono ad agire oppure l’errata convinzione che il procedimento per destituire l’amministratore sia complesso e dispendioso. Il fatto considerato, palesa una realtà ben differente.
Sovente accade di avere diverbi con i condomini, di incappare in questioni che paiono non avere soluzione ed è in questi momenti che l’amministratore di condominio dovrebbe subentrare per ripristinare la pacifica convivenza.
Tuttavia, sebbene il professionista intervenga, i residenti spesso non condividono le modalità di risoluzione adottate e ciò sconfina in un malcontento generale.
Revoca Amministratore di Condominio
Questo è proprio ciò che è accaduto nel caso di specie, in cui uno dei proprietari delle unità abitative ha evocato il diritto di cambiare le sorti, a partire dal gestore della cosa comune.
Solare è che alla luce di una passività dell’amministratore per non aver dato esecuzione a tre sentenze di annullamento delle delibere assembleari, la situazione appariva quanto mai degna di nota.
Il problema che oggi si pone è come possono essere fatte valere le proprie ragioni in sede di revoca.
Ricorso in proprio senza Avvocato
Un signore residente in un condominio di Roma proponeva nel maggio 2015 domandava revoca giudiziale dell’amministratore di condominio, ed essa veniva dichiarata dal Giudicante inammissibile in quanto proposta in assenza di un difensore designato.
Ciò che spingeva l’attore a convenire in giudizio la controparte è stata la di lui discutibile professionalità in quanto avrebbe ignorato ripetutamente le disposizioni del Tribunale; concretamente, l’amministratore non aveva dato ascolto alla parola del Giudice, ignorando l’ordine di annullamento delle delibere di assemblea, ordine che impone ai destinatari di attenersi o, caso mai, di fare appello ma di certo esclude un’inerzia totale.
Il condomino sfruttava quindi il secondo grado di giudizio reclamando la decisione del Tribunale e, difatti, otteneva parere favorevole dalla Corte d’Appello.
A questa seconda decisione l’amministratore procedeva con impugnazione e si apriva, pertanto, il terzo ed ultimo grado di giudizio.
Difesa in autonomia
La tesi difensiva che l’amministratore condominiale presentava, riportava una palese violazione dell’art. 82 c.p.c., norma che impone alle parti di presenziare in giudizio sotto col ministero e la difesa di un difensore, fatte salve le certosine eccezioni indicate. Il dettato normativo che si occupa di disciplinare il procedimento di revoca non rinvia ai casi di “giustizia privata” ed inoltre poco importa la semplicità dell’iter ivi riportato: essendo un contenzioso, il soggetto deve essere difeso da un avvocato.
Controparte sosteneva la piena legalità della propria autotutela, proprio perché le caratteristiche ed il contesto di giudizio erano tali da giustificare la sua unica e sola presenza in aula. Inoltre, avanzava a sua volta una richiesta: la condanna dell’amministratore romano al pagamento delle spese sostenute per il tempo e gli sforzi impiegati nel costituire una difesa convincente agli occhi del giudicante.
In altre parole, il condomino eguagliava il suo autonomo adoperarsi per tutelare i propri diritti all’attività professionale svolta dal professionista e, pertanto, meritevole di risarcimento.
L’amministratore, già per nulla convinto della facoltà esercitata da controparte, si dimostrava ancor più contrario a tale pretesa: la strategia difensiva non era frutto di una solida e comprovata competenza, ma di un arrangiamento solitario e profano quantificato in una somma pari ad euro 3.000.
Come avviene la revoca dell’amministratore condominiale
Il procedimento di revoca giudiziale è disciplinato all’art. 1129 c.c. e 64 disp.att. c.c.
La revoca dell’amministratore può avvenire o con decisione della maggioranza prevista altresì per la nomina – quindi la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’immobile – oppure secondo le modalità previste dal regolamento di condominio.
Qualora queste due alternative non fossero raggiunte, il legislatore ha concesso di procedere anche per via giudiziale ad ogni singolo condomino, facendo venire meno il requisito di qualsivoglia maggioranza.
I motivi che fondamentano la domanda possono essere molti: omette di rappresentare i condomini, non rende il conto della gestione, gravi irregolarità fiscali etc.; insomma, il condomino o i condomini possono agire di fronte a gravi situazioni di pregiudizio per il complesso di residenza.
L’azione esercitata dal singolo è sostitutiva della volontà assembleare e, pertanto, non possono partecipare gli altri condomini rispetto cui è escluso il litisconsorzio. Solo il proponente e l’amministratore con rispettivi diritti di proposizione e replica.
Il giudizio si forma quindi nel rispetto della doverosa garanzia al contraddittorio, in un contesto di ufficiosità e rapidità; infatti, il Giudice potrebbe facilmente risolvere il tutto sentendo rispettivamente le due parti e le loro ragioni, senza la necessità di tutti gli altri passaggi propri del diritto.
Si tratta insomma di un procedimento de plano al contrario: in alcuni tipi di processo il Giudicante formula la propria decisione senza contraddittorio, in modo celere e basandosi sulle prove fornite – attenzione, per una questione di conformità costituzionale, in questi casi il contraddittorio è posticipato ad una fase successiva. In questo caso è esattamente l’opposto: le parti dialogano tra loro, negando, precisando, smentendo senza la necessità di portare in causa terzi o testimonianza vere e proprie perché non è richiesto.
Certo è che se il condomino o l’amministratore dovesse possedere documenti agevolanti, sarebbe incauto non produrli a propria difesa.
Con l’ordinanza oggi in esamina la Corte di Cassazione concordava con quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Roma.
Ha pertanto rigettato il primo motivo di ricorso con cui l’amministratore chiedeva l’invalidità del procedimento di revoca ed ha invece parzialmente accolto il di lui secondo motivo di ricorso.
Il primo motivo di ricorso non veniva passato neppure al vaglio della Suprema Corte che ne ha giudicato l’infondatezza in quanto, secondo consolidato orientamento, è inammissibile procedere con ricorso in ultimo grado di giudizio avverso il decreto con cui la Corte di Appello provvedeva sul reclamo avverso il decreto del Tribunale – in questo caso di Roma capitale – in merito all’iter che ci occupa.
Ciò perché il provvedimento adottato in prima battuta non era altro che provvedimento di volontaria giurisdizione e ciò rendeva conseguentemente inesistente il vizio in procedendo rilevato dal professionista.
Tuttavia, il condomino non otteneva consenso ad ogni sua pretesa, infatti la cifra richiesta a titolo di “compenso semi professionale” veniva nettamente diminuita alle sole spese vive sostenute.
Assodato che in questo procedimento è consentita la difesa personale della parte, la stessa, può chiedere solamente le spese marginali sostenute ed elencate in un’apposita nota poi presentata alla Corte e non ha certo diritto alla liquidazione del compenso professionale perché effettivamente professionista giuridico non è.
Così stabilendo, la Corte di legittimità cassava il decreto con cui venivano conferiti euro 1.900,00 in favore del condomino e compensava tra le parti le spese di quell’ultimo grado di giudizio.
Mediazione condominiale
Bene quindi prestare attenzione alla scelta del Giudice, prendendo le sue parole come monito per il futuro. Se, tuttavia, le rispettive parti sono fermamente certe delle proprie ragioni possono ignorare l’esito di questa “prima parte” e procedere secondo le vie ordinarie.
Per quanto appaia ovvio è doveroso sottolineare che, pur essendo gli avvocati di se stessi, si è esonerati dalla percezione di un compenso. Le somme che il condomino può richiedere sono limitate alle spese vive sostenute: ad esempio, fotocopie, riproduzioni meccaniche, strumenti acquistati a fini probatori a via di seguito. Nel caso di specie, il signore romano, aveva infatti richiesto una somma di oltre 3.000 euro quale compenso per il proprio “lavoro”, mettendosi al pari di un avvocato.
Sebbene esuli dal caso di oggi, è bene ricordare che qualora un condomino non ritenga opportuno procedere autonomamente nella propria difesa ed opti per la nomina di un legale di fiducia, qualora dovesse vincere la causa avrebbe diritto di rivalsa nei confronti del condominio che, a sua volta, si rivarrebbe sull’amministratore revocato.
Sicuramente un procedimento più che utile per entrambe le parti, grazie all’assenza di una rigidità sia procedurale sia preparatoria. Si potrebbe considerare una sorta di arbitrato o mediazione tra i controvertenti che hanno la possibilità di far valere le rispettive posizioni senza un legale, senza eccessivi rinvii e con un primo provvedimento comunque non vincolante.
In conclusione, ogni professionista dovrebbe prestare costante attenzione e professionalità perché i mezzi di tutela forniti ai proprietari delle unità immobiliari e/o ai residenti sono molteplici e tutti garantiscono un rientro economico o, quantomeno, un dispendio irrisorio nel caso di difesa fai da te.
Nonostante questi vantaggi, è decisamente più conveniente trovare una soluzione stragiudiziale senza arrivare in aula, non solo perché sintomo di civiltà da parte di entrambe le posizioni, ma anche per fini utilitaristici: rivolgersi ad un Tribunale comporta quasi sempre un’attesa non indifferente ed in questo tempo il comportamento illecito dell’amministratore potrebbe continuare andando a ledere altri beni / diritti.
Un ruolo decisivo in questa fase mediatoria dovrebbe assumerlo il mediatore perché sovente, a differenza dei condomini, ha una preparazione teorica adatta.
Indagine statistica – reclami comuni
L’Associazione Nazional-Europea Amministratori d’Immobili ha stilato la classifica dei motivi che spingono i condomini alle liti tra di loro e, di riflesso, con l’amministratore disattento ai reclami comuni.
Al primo posto le immissioni, ovvero i rumori o i mal odori provenienti dai dirimpettai o dai vicini prossimi al proprio appartamento. A seguire la collocazione di mezzi proprio nelle aree comuni, si pensi ad esempio ai cicli e motocicli ed infine, il terzo posto è proprio il rapporto con gli amici a quattro zampe. A quanto pare, la combinazione tra padroni irrispettosi e residenti troppo sensibili è un binomio letale.
Infine, oltre il 50% delle procedure civili riguardano proprio questioni condominiali che, in numeri, corrisponde a circa due milioni di Italiani.