Il Tribunale può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Il Tribunale, se all'esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti di cui agli articoli 160, commi primo e secondo, e 161, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tali casi il Tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 dichiara il fallimento del debitore. Contro la sentenza che dichiara il fallimento è proponibile reclamo a norma dell'articolo 18. Con il reclamo possono farsi valere anche motivi attinenti all'ammissibilità della proposta di concordato (1). (1) Articolo così sostituito dal comma 4 dell’art. 12, D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, con la decorrenza ed i limiti previsti dall’art. 22 dello stesso decreto. Precedentemente, la Corte costituzionale con sentenza 20-27 giugno 1972, n. 110 (Gazz. Uff. 28 giugno 1972, n. 165), aveva dichiarato l'illegittimità del comma primo dell'art. 162, nella parte in cui non prevedeva che il tribunale, prima di pronunciarsi sulla domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, dovesse ordinare la comparizione in camera di consiglio del debitore per l'esercizio del diritto di difesa.