La Cassazione si pronuncia sulla indivisibilità della querelaLa corte di cassazione penale, con la sentenza n. 2712 2006, ha statuito in materia di proponibilità della querela da parte di uno solo dei diversi soggetti offesi. Ai sensi dell’art. 122 c.p. infatti, applicabile per rimando diretto anche all’art. 129 c.p., il reato commesso in danno di più persone è punibile anche se la querela è proposta da una soltanto di esse, con effetti sulla costituzione di parte civile.

A tale situazione, sancisce la Suprema Corte, fa eccezione l'ipotesi in cui una sola azione comporti più lesioni della stessa disposizione penale, ledendo distinti soggetti in quanto, tale situazione integra un concorso formale di reati in danno di più persone in cui la rappresentazione unitaria è preordinata solo ad un più benevolo regime sanzionatorio che non incide sulla autonomia dei singoli reati. In conclusione, in tal caso, la procedibilità di ciascun reato è condizionata alla querela della rispettiva persona offesa.

Su questo assunto la Cassazione ha dichiarato inammissibile la costituzione di parte civile di una delle parti offese, lasciando nel resto immutata la decisione di secondo grado che aveva riformato la sentenza con la quale gli imputati venivano condannati al pagamento della multa e al risarcimento dei danni morali e materiali da liquidarsi in separata sede.

Rancori per la mancata concessione dei ristori post sisma

Nella città di Matera, all’ombra dei suoi suggestivi sassi che incantano il mondo intero, si è svolto un episodio dai foschi contorni agli inizi degli anni Duemila.

La signora P abita in una bella abitazione, che cura con amore. A causa del terremoto del 1998 però, l’edificio ha riportato danni notevoli. È un dato storico che la Basilicata sia una terra ad alto potenziale sismico che nel corso dei secoli ha fatto registrare eventi clamorosi. Certo, nulla a che vedere con il forte terremoto del 1857, la cui cronaca interessò anche Charles Dickens, nel quale perirono migliaia di persone e furono rasi al suolo edifici di ogni tipo, ma non per questo la signora P. è meno scoraggiata.

Seguendo un iter comune a tutti i proprietari degli immobili danneggiati, la signora P. avanza presso gli uffici competenti le domande volte ad ottenere il ristoro dei danni, sotto forma di erogazione dei contributi di legge. L’approdo delle domande è sempre quello degli Uffici comunali, i quali hanno il compito di analizzare le richieste e verificare che sussistano i requisiti per accedere ai ristori.

Nell’Ufficio comunale del paese lavora il Signor T che, a quanto pare, prende con troppa calma la decisione di ammettere la signora P. alla copertura finanziaria. Sono passati infatti anni, e ancora non si conosce l’esito della pratica.

Nel frattempo P. ha pagato i tecnici e effettuato i lavori più urgenti per consolidare la struttura e poterci abitare, ma è indispensabile ricevere i fondi per proseguire nei lavori.

Finché un giorno, esasperata dall’attesa, decide di telefonare all’utenza privata del dipendente comunale, il signor T. Le risponde la moglie di costui, la signora R. la quale, malcapitata, appena alza il ricevitore intuisce subito che qualcosa non va perché la voce infuriata all’altro capo del telefono urla di chiamare per il marito e di volerci parlare per dirgliene quattro.

P. al culmine dell’esasperazione, sciorina espressioni minacciose ed ingiuriose  all'indirizzo di T. e ingiurie ad entrambi i coniugi. Insinua che i coniugi approfittino della posizione amministrativa del marito per fare i loro comodi e che provvederà a far passar loro dei guai per questo.

Il signor T. non resta certo a guardare inerte.

Appena dopo aver riagganciato il ricevitore, la moglie corre spaventata dal marito a raccontare per filo e per segno tutte le parole pronunciate da P. Di corsa, egli si precipita a casa della P. sulla quale scarica tutta la sua ira, ingiuriandola, minacciandola, percuotendola e procurandole lesioni personali.

Gli imputati colpevoli in primo grado ma assolti in appello

Con sentenza del 27 gennaio 2003, il Tribunale di Matera dichiarava P. e T. colpevoli rispettivamente del reato di ingiurie e minacce e dei reati di cui agli artt. 614, 56, 592 c.p., art. 61 n. 2 c.p. e art. 582 c.p.

La Corte di Appello di Potenza, in riforma della decisione impugnata, dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine ai reati a ciascuno di loro ascritti perché estinti per intervenuta prescrizione; dichiarava inammissibile la costituzione di parte civile di R. e, per l'effetto, revocava le statuizioni civili emesse in suo favore.

La Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione di R. dichiarando inammissibile la sua costituzione di parte civile.

Le ragioni a fondamento della impugnazione della esclusione della parte civile

Il difensore della parte civile esclusa, sostiene l'impugnabilità del provvedimento di appello in quanto emesso con sentenza, e ne contesta il rilievo che si trattava di soggetto formalmente estraneo al processo, non avendo formalizzato alcun atto di querela.

Tale affermazione contrasterebbe con la norma dell'art. 74 c.p.p., secondo cui soggetto legittimato all'esercizio dell'azione civile nel processo penale è colui che risulti danneggiato dal reato e tale qualità di persona offesa in capo alla R. emerge chiaramente dalle risultanze processuali; inoltre, nessuna norma processuale subordinerebbe l’esercizio dell'azione civile alla querela come anche dall'art. 122 c.p., secondo cui il reato commesso in danno di più persone è punibile anche se la querela è proposta da una soltanto di esse.

La Cassazione specifica che non si applica alla pluralità di reati

La Corte innanzitutto circoscrive l’ambito di interesse, eliminando dall’esame delle censure tutte le plurime e reciproche contestazioni tra P. e T. e lasciando solo le ingiurie indirizzate a R., moglie del T., attraverso la concitata telefonata effettuata dalla P.

Nel corso del giudizio avevano avuto luogo reciproche costituzioni di parte civile: da una parte i coniugi nei confronti della P. e dall'altra la stessa P. nei confronti del solo T.

Il Tribunale aveva affermato la responsabilità di entrambi gli imputati condannando ciascuno di essi al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, nei confronti della rispettiva controparte. Il giudice di appello dichiarava però inammissibile la costituzione di parte civile della R. in quanto, pur avendo direttamente percepito le minacce e le ingiurie profferite in danno del proprio coniuge, non aveva formalizzato alcun atto di querela e quindi revocava le statuizioni civili emesse in suo favore.

Tuttavia, secondo la Suprema Corte, R. assume chiaramente la qualità di persona offesa del reato di cui all'art. 594 c.p. posto in essere direttamente nei suoi confronti. Per meglio precisare, ricorrono due distinti reati: uno in danno della R. e gli altri nei confronti del T.

Argomentando la conferma dell’esclusione di R., la Corte richiama un orientamento giurisprudenziale sul principio dell'indivisibilità della querela, il quale afferma che l’art. 122 c.p. si applica soltanto nell'ipotesi di reato unico con pluralità di persone offese, ciascuna delle quali è titolare di un autonomo diritto di querela.

Unica costituzione di parte civile per più persone offese

L’unicità del fatto fa sì che la querela proposta da uno solo dei soggetti passivi sia sufficiente a rendere il reato perseguibile anche per i non querelanti che ben possono, così, costituirsi parte civile.

Però, perché vi sia reato unico rilevante ai fini dell'applicazione della norma in esame, è indispensabile un unico illecito penale al quale sia correlata un'unica sanzione.

Esulano, pertanto, dal contesto richiamato sia l'ipotesi di azioni ontologicamente distinte ed unificate con il vincolo della continuazione, quanto l'ipotesi di azione unica concretizzante un concorso di reati in danno di più persone, poiché in tali casi, gli illeciti penali mantengono la loro autonomia e sono considerati unitariamente dal legislatore solo al fine di mitigare il trattamento sanzionatorio rispetto a quello che avrebbe dovuto essere in applicazione del cumulo delle pene.

In tali casi pertanto, la procedibilità di ciascun reato è condizionata alla querela della rispettiva persona offesa.

Orbene, nel caso di specie, R. ha rivolto espressioni ingiuriose contemporaneamente all'indirizzo di R. e di T. ledendo due distinti soggetti con una sola azione: tipico esempio, questo, di azione unica concretizzante concorso di più reati in danno di più persone in cui la rappresentazione unitaria, è intesa solo ad un più benevolo regime sanzionatorio ed esclude, così, l'applicabilità dell'art. 122 c.p.

In conclusione, R. non avendo proposto querela non ha diritto al risarcimento dei danni a favore della parte civile.

Intuizioni e lacune dei precedenti gradi di giudizio

La pluralità offensiva della condotta era stata colta dal primo giudice, che aveva condannato l’imputata al risarcimento dei danni in favore della R. ma non si era avveduto che la stessa non aveva proposto querela per il reato posto in essere nei suoi confronti.

Per quell'ingiuria, quindi, l'imputata non avrebbe potuto essere condannata, ma avrebbe dovuto essere prosciolta mancando una condizione di procedibilità.

La Corte di Appello, dal canto suo, pur rilevando la mancanza della querela non ha adottato la pronuncia di proscioglimento, limitandosi a dichiarare l'inammissibilità della costituzione di parte civile.

Un unico precedente datato 1962

Vi è un unico precedente giurisprudenziale, il quale seppur datato, rappresenta la base giuridica sulla quale è stato impostata l’intera argomentazione della pronuncia in esame.

Si tratta della sentenza di Cassazione 5 giugno 1962, successivamente ripresa da Cass. 18 maggio 1984, n. 7080, che stabilisce eccezioni al principio dell'indivisibilità della querela, riferendola all’ambito del reato di diffamazione.

Con questa pronuncia la Cassazione ha ritenuto che se con un'unica espressione sia stata commessa diffamazione in danno di due persone e di queste una sola abbia proposto querela, il giudice può condannare l'autore del fatto per un solo reato e non già per duplice diffamazione o per diffamazione continuata.

Tags: Dir. Penale

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